Napoli – Juventus 0-1: “stelline a motore”

La giornata in cui la Juventus affronta il Napoli non è mai una giornata semplice per me. La giornata in sé dura più o meno 48 ore, ma il problema sussiste anche nei giorni precedenti. Mi ricordo che i giorni prima del 3 giugno, ormai nel caldo milanese che rasenta quello africano, non riuscivo a dormire. Mi si annodava lo stomaco. Ed è così che spesso mi sento, ad ogni Napoli-Juve. Perché essere juventini al di sotto del Tevere non è solo un immenso onore ed un altrettanto immeso amore, è anche una sfida: con gli altri e con te stesso. E allora stasera per scaricare la tensione, dopo aver assillato i miei colleghi con la mia ansia per tutta la giornata, cerco di togliermi il peso dalle spalle in piscina, come faccio ormai da un po’. Da poco ho raggiunto il mio personalissimo record, cento vasche, che per la Pellegrini saranno l’equivalente dei grissini durante la mia cena, ma che per me rappresentavano un punto di svolta. Il giorno in cui sono riuscita a completare il mio allenamento, mi sentivo diversa.

E mi sento diversa oggi. Oggi che ho corso come una matta dalla piscina a casa, per non perdermi il fischio d’inizio. Oggi che ad ogni movimento di Gonzalo tremavo come una foglia, perché siamo in corsa su tre fronti, e vederlo cadere sulla mano fasciata stretta mi avrebbe fatto perdere ogni cognizione di causa. Ma a volte, le fasciature ci ricordano perché siamo diventati grandi. Le spalle mi fanno male, cento vasche le ho raggiunte. Ma mai quanto potrebbe far male la mano a Higuain, che su assist magistrale di Paulo Dybala piazza una palla imprendibile per Reina. E lì esplodo. Chiedo scusa pubblicamente ai miei vicini se hanno sentito qualche parola di troppo. Era solo gioia, pura gioia: perché anche lui, come me, si è scocciato di avete le orecchie piene di fischi. E lo ha ricordato al San Paolo come solo lui sa fare, segnando cinque volte su cinque partite, da quando è con noi, da quando l’Allianz Stadium è casa sua e la sua maglia è a strisce bianche e nere, gialla e blu per l’occasione speciale. Il resto è agonia. Khedira non è nella sua serata migliore, soffre anche per una botta; Paulo ci fa volare con la mente per un attimo, calciando troppo sopra la traversa. Nel secondo tempo, stessa sofferenza. Matuidi non si spiega come Reina possa aver deviato quel suo mancino. Insigne mi fa tremare con un tiro che sfiora la porta di non so quanti centimetri, comunque pochi. Gianluigi è lì, e le sue mani continuano ad essere per me motivo di tranquillità. Il San Paolo non smette un attimo di cantare, ma quando dopo il goal di Gonzalo vedo gli occhi al cielo di De Laurentiis, è lì che capisco che avremmo riportato i tre punti dove dovevano stare, a Torino.

Posso solo dire di aver cominciato a tremare dopo il goal, e che volentieri avrei cominciato a piangere. Ma non perché io sia estremamente sensibile (forse lo sono), ma semplicemente perché sentivo che nonostante i palloni persi, i passaggi sbagliati e le disattenzioni, la squadra c’era, ed era lì. Tutta in un abbraccio, lo stesso che adesso si affrettano a ripubblicare tutto loro su Instagram. Non so se vi è mai capitato con la vostra squadra del cuore, ma per me la Juventus è tatuata sul cuore, è una famiglia, e purtroppo o per fortuna, devo ripetermi: i confini territoriali valgono solo sulle cartine geografiche.

Dicevo, il nuoto. Oggi ero ansiosa, è vero. Ma volevo che anche questo allenamento dicesse qualcosa di questa giornata. Allora mi sono detta che Gonzalo avrebbe giocato con un osso rotto. Io che al massimo potevo avere un po’ di male alle gambe perché ho l’allenamento di un orso in letargo, potevo magari sforzarmi per qualche vasca gambe in più. Mentre buttavo nei polpacci tutta la forza che avevo, c’era un bimbo nella corsia accanto che faceva lezione. L’allenatore gli chiedeva di nuotare a “stellina a motore”, ed è una cosa che ho amato. All’inizio il piccolo era titubante, si fermava ogni metro. Alla fine, l’allenatore gli si avvicina e gli dice “hai cominciato male, ma alla fine sei stato bravissimo”.

Continuiamo a nuotare a stellina a motore ragazzi miei, che alla fine quello che conta è finire la vasca.

E per la cronaca, di vasche ne ho fatte 110.

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Avete davvero bisogno di una didascalia? Credits: Tuttosport

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